di Mila Mercadante #MilaPersiste twitter@gaiaitaliacom #Politica
Il movimento di cui Greta Thunberg è portavoce rivela un rapporto completamente distorto con questioni sociali e politiche oggettive. La partita è truccata, la protesta non parte dal basso come si vuol far credere e probabilmente il successo riscosso dalla ragazzina presso i suoi coetanei è gonfiato dai media. Per queste ragioni non è troppo tardi per sottrarle la leadership del tema ecologia, che non deve essere affrontato separatamente perché è parte di un unico problema. Come accade per altri movimenti di massa avviati in diverse parti del mondo e in periodi diversi, la coscienza delle cause fondamentali viene lasciata ai margini, taciuta o sostituita. La lotta postula la coscienza, altrimenti si riduce a una vaghezza di concetti che non possono in alcun modo influenzare la prassi. In tutti i discorsi di Greta, dei suoi sostenitori e dell’ONU viene evocata la scienza (“lo dicono gli scienziati” è una frase ricorrente) non come un elemento razionale e ricco di tesi disomogenee su cui discutere ma la scienza come fede assoluta, come slogan e come forma contemporanea di occultismo commerciale. Pur non volendo negare l’evidenza, bisogna leggere le riviste specializzate per sapere che il ghiacciaio della Groenlandia che nel 2012 si stava assottigliando è tornato a crescere o per scoprire che uno studio della NASA ha evidenziato un aumento di aree verdi sulla terra negli ultimi 35 anni. Le aree realmente desertificate sono circoscritte e appartengono alle zone colonizzate e ipersfruttate, il che conferma che il nemico è il capitalismo.
Greta genera una sorta di irrazionalità collettiva attraverso l’utilizzo di stimoli elementari e ben calcolati che mirano all’inconscio. Questo è tipico della comunicazione di massa e vi si ravvisa un tratto autoritario. Faccio un esempio: quando sollecita i governanti a cambiare, usando un linguaggio fortemente critico, fa qualcosa che va incontro ai “gusti” delle masse eccitandole senza intaccare minimamente la legittimità del sistema economico e senza metterne in discussione la struttura complessiva; quando contemporaneamente sollecita gli individui ad arginare la catastrofe adottando uno stile di vita sobrio e consapevole, scarica tutte le responsabilità dei manipolatori sui manipolati. I due termini di questa contraddizione rivelano l’imbroglio di fondo: i problemi ci sono, cosicché il singolo individuo – non potendoli negare – è chiamato ad attenersi ai dogmi senza ragionare, nella pura accidentalità del tutto. Se accetta che i governanti prendano per lui decisioni apparentemente o solo in parte ragionevoli potrà in futuro godere dei vantaggi che questa realtà – la migliore possibile – gli offre. Forse nel 2030 o nel 2050 i suoi figli e il mondo ce l’avranno fatta a patto che adesso cambi auto o motorino, che non mangi carne, che non voli, che usi detersivi e alimenti biologici, che la smetta di fare acquisti non strettamente necessari, che risparmi energia in casa e in ufficio, che faccia a meno della plastica. Eccetto l’affare delle auto elettriche che comporterà incentivi e agevolazioni per 11 miliardi di dollari, l’elenco dei comportamenti non è criticabile, è la solita minestra vecchia e riscaldata che si può leggere da trent’anni a questa parte nelle apposite rubriche di qualunque rivista settimanale occidentale.
E’ sconcertante che si propini l’illusione di poter influenzare individualmente i meccanismi dei complicati processi climatici e ambientali adottando comportamenti responsabili. Se non si interviene sui processi sociali ed economici non può cambiare proprio niente, quindi il fenomeno Greta coi suoi irrilevanti interventi si può spiegare soltanto in termini patologici. Milioni di persone politraumatizzate osservano scene di ghiacciai che si sciolgono, mari che s’innalzano, incendi che deforestano, bambini denutriti che piangono, animali che si estinguono: le fantasie sull’imminente fine del mondo preceduta da catastrofi qua e là, fanno leva sul senso di colpa degli individui, la cui origine è evidentemente libidica. Il rapporto delle masse con il Green New Deal è il surrogato non riconoscibile del rapporto con la figura paterna, “interdetta e tabù” (cit.).
Non dissimile dal demagogo, Greta parla a milioni di persone che hanno preoccupazioni e pensieri differenti e non può permettersi di deluderle sbagliando il linguaggio: è per questo che la sindrome di Asperger dev’essere stata la ragione principale che ha portato gli ideatori a scegliere lei e non un’altra. Il disturbo fornisce a priori la garanzia che Greta – sempre in bilico tra mutismo selettivo e stress – si atterrà al dettato senza strafare, senza metterci fantasia, senza abbandonarsi a guizzi improvvisi o gaffes. Dire quel che si deve dire mediante formulazioni rigide e stereotipate non è motivo di insoddisfazione per Greta, lieta di svolgere il suo compito al meglio. Certe affermazioni dal contenuto generico e al limite dell’assurdo sono meglio accettate dalla collettività perché provengono da una persona giovanissima che dimostra molto meno della sua età e che trasforma magicamente in valore di mercato gli scopi di coloro che la dirigono.
Greta oggi fa politica per finta affinché i ragazzini che la seguono non facciano domani politica per davvero: esibisce cartelli contro la Russia, mostra un’intesa con Obama (buono) e non nasconde l’ostilità a Trump (cattivo) come se i due non fossero congiurati con lo stesso violentissimo sistema, i cui mandanti paventano l’irreversibilità della tragedia mentre la gestiscono in maniera da poter continuare a sfruttare il lavoro e a prosperare sulla povertà.
(26 settembre 2019)
©gaiaitalia.com 2019 – diritti riservati, riproduzione vietata