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Red carpet rosso sangue trentadue anni dopo il massacro

di Alfredo Falletti

Ed anche quest’anno, il trentaduesimo, si assiste al red carpet dell’antimafia di circostanza; quella alla quale dedicare lo stretto tempo indispensabile per qualche espressione contrita, frasi di effetto che qualche segretario rimaneggia alla bisogna per il suo padrone da discorsi funebri o da qualche inaugurazione con la testa alla eterna campagna elettorale, quella si che è importante.

Il cuore? Quello non c’è mai stato.

Così si uccide per l’ennesima volta ognuno di quegli uomini, di quei ragazzi, di quella ragazzina che trentadue anni addietro sono stati fatti carne da macello non soltanto da assassini senza onore e senza dignità, vili solo come chi ammazza a tradimento, ma anche da traditori che stavano e stanno nelle istituzioni. Basta. Adesso basta, ucciderli ancora e ancora e ancora.

Politici sciocchi, mediocri, inadeguati, semianalfabeti eternamente travisati o  decontestualizzanti, inconsistenti individui dalla prosopopea roboante e l’eco del vuoto che da dentro il loro essere vien fuori. Burocrati dalla consistenza morale di un budino tacete. Tacete, per carità.

E tutti voi, spettatori eccitati dall’ennesima marcia commemorativa; voi, dove siete nell’antimafia che ogni giorno, tutti i giorni deve essere combattuta? Dove siete quando avete la possibilità di esercitare la vostra funzione di cittadini e vi rintanate o lasciate perdere “tantononcambianiente”Eppure ci siete quando cercate di affermare un vostro indebito privilegio genuflettendovi davanti al politico o al potente di turno.

Trentadue anni e a dispetto dei panegirici governativi sui grandi successi contro la mafia, ancora oggi assistiamo al crollo del “sistema legalità” minato alla base dalla nuova mafia, quella che si muove nelle pieghe delle leggi fatte ad hoc, che imperversa sui mercati internazionali, nelle borse dopate, e poi le manovre e le crisi economiche e politiche artatamente create.

La nuova mafia, miscuglio ormai indivisibile di collusioni, imprenditoria disinvolta e delinquenza organizzata come un miscuglio di plastilina di colori diversi diventata di unico indefinibile (e brutto) colore.

E che dire di tutte le difficoltà, gli ostruzionismi, le manovre per bloccare chi oggi indaga, accollandosi tutti i pericoli, sui rapporti tra Stato e mafia negati o addirittura giustificati da sperticate e fantasiose ragioni di Stato dopo aver distrutto documentazioni secretate a mo’ di condono tombale o forse meglio di grazia (chi l’ha data?).

Non si può e non si deve dir nulla che possa essere un miserabile alibi o una frase degna di un bigliettino di biscotto cinese, nulla da dire per sommo e religioso rispetto verso Falcone, Borsellino, verso quei ragazzi e quella ragazzina fatti a pezzi e ancora di più per rispetto di chi ancora rischia la vita in nome della verità e della giustizia e forse si chiede alle tre di notte, quando è più buia, se ne valga davvero la pena. Del resto ad inondare di minchiate i tg, le piazze e i salotti televisivi, oggi, c’è una fauna variegata e del tutto vuota di idee e principi. Tutti in attesa delle grandi commemorazioni del prossimo anno, il trentatreesimo.

 

(19 luglio 2024)

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