di M.P.
Le recenti elezioni regionali in Calabria hanno confermato un trend ormai consolidato: la progressiva e profonda difficoltà del centrosinistra italiano nel costruire consenso, radicamento territoriale e leadership riconosciuta. La sconfitta calabrese non rappresenta un episodio isolato, ma si inserisce all’interno di una traiettoria nazionale che vede il campo progressista incapace di interpretare le trasformazioni socio-economiche e culturali del Paese.
L’analisi delle cause di tale crisi, osservata a partire dal caso calabrese, consente di mettere a fuoco non solo le dinamiche elettorali regionali, ma anche le fragilità strutturali che attraversano il centrosinistra italiano nella sua interezza su tutto il paese. L’asse PD, M5S ed AVS non basta più a se stesso e gli Italiani l’hanno ben capito, soprattutto nelle regioni dove il centro sinistra vinceva dopo governi disastrosi di centro destra.
La Calabria costituisce un laboratorio emblematico della crisi del centrosinistra. Negli ultimi due decenni, la regione ha assistito a una progressiva erosione del consenso progressista, accompagnata da un indebolimento organizzativo e da una crescente frammentazione interna. A livello locale, le forze di centrosinistra hanno progressivamente perso contatto con le reti sociali, associative e sindacali che costituivano un tempo la loro base di legittimazione. La desertificazione politica dei territori, unita alla perdita di leadership riconoscibili, ha favorito l’ascesa del centrodestra come unica forza percepita come in grado di garantire stabilità e rappresentanza.
Sul piano della percezione pubblica, il centrosinistra calabrese e nazionale appare incapace di incarnare un modello alternativo di governo: non riesce a offrire una visione di sviluppo credibile in materia di sanità, infrastrutture e occupazione giovanile, temi centrali nell’agenda politica regionale e nazionale.
A ciò si aggiunge un deficit comunicativo: il linguaggio dei leader locali e nazionali non riesce a parlare alla quotidianità dei cittadini, apparendo spesso distante, tecnico e privo di empatia politica, autoreferenziale e totalmente contraddittorio rispetto alle campagne elettorali.
Le cause strutturali della crisi del centrosinistra
L’analisi delle sconfitte territoriali, Calabria inclusa, rimanda a una crisi di natura sistemica che attraversa l’intero campo progressista. Le principali variabili che contribuiscono a spiegare questa condizione possono essere sintetizzate in quattro dimensioni.
Una crisi di identità e di rappresentanza sociale che vede un centrosinistra che ha progressivamente smarrito la propria identità ideologica. Da forza popolare e riformista, capace di coniugare crescita economica e giustizia sociale, si è trasformato in un’area politica priva di un chiaro asse valoriale. L’ambiguità tra una vocazione liberal-progressista e un’aspirazione socialdemocratica ne ha eroso la credibilità, rendendolo incapace di rappresentare in modo coerente né le classi lavoratrici né le nuove classi medie urbane.
La perdita del radicamento territoriale, con la progressiva crisi delle forme tradizionali di partecipazione politica — partiti, sezioni, circoli, sindacati — ha colpito in modo particolarmente duro il centrosinistra. Il venir meno di una presenza organizzata nei territori che ha generato una frattura tra i vertici e la base sociale, lasciando ampi spazi alla destra, che ha saputo occupare con efficacia il terreno della prossimità e del contatto diretto con l’elettorato.
Non meno importante una sempre più chiara debolezza della classe dirigente, nella qualità e nel metodo di selezionarla. Il ricorso a logiche interne di cooptazione e l’assenza di un reale rinnovamento generazionale hanno prodotto leadership deboli, spesso incapaci di coniugare visione politica e capacità amministrativa. Potentati, che gestiscono la politica come negli anni 2000, senza rendersi conto, che quegli elettori non esistono più e per motivi anagrafici e per motivi legati alla comunicazione che corre veloce sui social e mostra che un’altra nazione è possibile. Ne è derivata una distanza crescente tra rappresentanti e rappresentati, aggravata dall’assenza di figure in grado di costruire consenso e identità collettiva.
Inadeguatezza comunicativa
La comunicazione del centrosinistra tende a essere percepita come elitaria, autoreferenziale e poco empatica. A fronte di una destra che utilizza linguaggi diretti, identitari e fortemente simbolici, il centrosinistra appare intrappolato in una retorica razionale, spesso moralistica, che fatica a generare appartenenza e mobilitazione emotiva.
Il centrodestra come nuovo partito popolare
La crisi del centrosinistra va letta anche in controluce rispetto alla trasformazione del centrodestra. Fratelli d’Italia e, in misura diversa, la Lega hanno saputo reinterpretare il ruolo del “partito del popolo”, intercettando il disagio sociale e canalizzandolo attraverso una narrazione identitaria e semplificata. In Calabria, tale dinamica si manifesta con particolare evidenza: la destra si presenta come vicina ai cittadini, spesso attraverso una rete di amministratori locali, associazioni e mediatori sociali che suppliscono all’assenza del centrosinistra. Il consenso costruito su queste basi non è necessariamente stabile o programmatico, ma risulta sufficiente a consolidare un’egemonia politica regionale.
Per invertire la rotta, il centrosinistra deve affrontare una duplice sfida: ricostruire il proprio radicamento sociale e ridefinire la propria identità politica.
Ciò implica un processo di rinnovamento che non può limitarsi alla dimensione organizzativa o comunicativa, ma deve tradursi in una ridefinizione della propria missione nel XXI secolo.
Mi permetto di indicare i punti cardine di un possibile rilancio che posso sintetiozzare così, senza la pretesa di decidere in casa d’altri:
- Rimettere al centro il lavoro, la sanità e la giustizia sociale, come pilastri di una nuova agenda progressista.
- Riconnettersi ai territori attraverso pratiche partecipative e nuove forme di militanza civica.
- Investire nella formazione e nel ricambio della classe dirigente, superando logiche correntizie e personalistiche.
- Semplificare e popolarizzare la comunicazione politica, senza rinunciare alla complessità dei contenuti.
- Aprirsi al contributo dei movimenti civici e delle esperienze locali, valorizzando l’innovazione che nasce “dal basso”.
In conclusione la sconfitta del centrosinistra in Calabria sembra essere, in definitiva, il riflesso di una crisi più ampia: una crisi di rappresentanza, di linguaggio e di visione. Il distacco tra politica e società non è il risultato di un errore contingente, ma il prodotto di un lungo processo di disconnessione culturale e organizzativa. Solo attraverso un profondo ripensamento della propria funzione storica — tornare a essere voce e strumento delle istanze sociali — il centrosinistra potrà riconquistare credibilità e prospettiva politica, in Calabria come nel resto del Paese. Le elezioni politiche sono più vicine di quanto si possa pensare e credere che il governo del potere paga, produrrà bocconi amari. Tutti da ingoiare.
(7 ottobre 2025)
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