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Diritti garantiti a metà. La Costituzione che il Sud aspetta

di Massimo Mastruzzo*

In Italia si parla tanto di Costituzione, di principi fondamentali, di diritti sanciti con chiarezza: uguaglianza, lavoro, salute, istruzione. Eppure, nel Mezzogiorno, questi diritti rischiano di restare su carta.

La Costituzione della Repubblica Italiana tutela – tra gli altri – l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge (art. 3), il diritto al lavoro (art. 4), alla salute (art. 32), all’istruzione (art. 34); stabilisce inoltre che i livelli essenziali delle prestazioni sociali e civili (art. 117) debbano essere garantiti su tutto il territorio nazionale, e che gli enti locali possano godere di autonomia finanziaria con adeguati meccanismi di perequazione (art. 119).

Eppure nel Sud, le condizioni materiali – l’accesso ai servizi, le opportunità, i trasporti, la sanità, il lavoro – mostrano ogni giorno che queste garanzie non sono pienamente attuate.

Se l’art. 3 richiede che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge», appare evidente che le differenze di vita, opportunità e servizi tra Nord e Sud rappresentano un vulnus non marginale, ma centrale.

Quando l’art. 4 afferma che «la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro», non si può ignorare la disoccupazione cronica e la scarsa capacità del tessuto produttivo di dare risposte adeguate nel Mezzogiorno.

Nel campo della salute, l’art. 32 rende «inspendibile» il concetto che lo Stato debba garantire la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. Ritardi strutturali, migrazione sanitaria verso il Nord, liste di attesa più lunghe e ospedali sotto standard sono segnali che in certe regioni i cittadini non godono di pari tutela.

Per l’istruzione (art. 34), scuole insufficientemente dotate, poca offerta per il tempo pieno, infrastrutture scolastiche meno aggiornate incidono sulla possibilità di sviluppo della personalità dei giovani meridionali e, di conseguenza, sulla coesione nazionale.

Ancora, l’art. 117 impone che i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) siano garantiti ovunque. Se però – come spesso accade – il Sud risulta penalizzato dal punto di vista dei trasporti, degli asili, dell’assistenza sociale, siamo davanti non a un deficit temporaneo ma a un’insufficienza sistemica.

E infine, l’art. 119 – che prevede l’autonomia finanziaria degli enti locali e la possibilità di perequare le differenze territoriali – appare largamente disatteso, quando gli enti del Sud non dispongono di risorse adeguate per garantire servizi equivalenti a quelli delle regioni più ricche.

In questo quadro appare evidente che la “questione meridionale” non è semplicemente una questione economica o culturale: è innanzitutto una questione di attuazione dei diritti costituzionali. E se questi diritti valgono, devono valere davvero ovunque.

In questo contesto emerge con forza la proposta del Movimento Equità Territoriale (MET), che si presenta come strumento civico-politico per affrontare queste disuguaglianze. Il programma del MET propone, tra le altre cose: uno sviluppo economico distribuito, basato su lavoro e formazione nel Sud; la garanzia del diritto alla salute con infrastrutture adeguate e accesso universale; un’infrastrutturazione integrata e una mobilità che connetta efficacemente le regioni meridionali; la valorizzazione dell’ambiente e delle fonti rinnovabili nel rispetto dei territori; politiche di inclusione e coesione che colmino il gap territoriale.

La politica — tutti i partiti, non solo chi si proclama “meridionale” — deve assumersi la responsabilità di rendere centrale questo tema nei programmi elettorali, non come slogan, ma come impegno concreto.

Serve una agenda sistematica che preveda: definizione chiara dei LEP con parametri che travalicano le regioni; meccanismi di finanza pubblica che permettano agli enti locali del Sud di erogare servizi equivalenti; monitoraggio trasparente dei risultati anche con indicatori territoriali; incentivi per lo sviluppo produttivo nel Sud e politiche attive del lavoro mirate alle specificità locali.

Solo così la Costituzione tornerà ad essere vissuta come sostanza, e non come pura enunciazione. E solo così, finalmente, potremo dire che «il Sud non è solo periferia che attende», ma è parte integrante e attiva della Repubblica italiana.

 

*Direttivo nazionale MET
Movimento Equità Territoriale

 

 

 

(8 novembre 2025)

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