di Massimo Mastruzzo*
A Bocchigliero, piccolo comune della provincia di Cosenza, in Calabria, è stato appena inaugurato un istituto scolastico che chiuderà i battenti entro l’anno. Il motivo? Mancano gli studenti.
Non è uno scherzo, ma il simbolo drammatico della crisi demografica che attraversa il Sud Italia, soprattutto nelle aree interne. Una scuola che chiude nel momento stesso in cui dovrebbe iniziare a vivere è l’immagine perfetta della desertificazione in atto.
La realtà è sotto gli occhi di tutti, anche se pochi hanno il coraggio di raccontarla per quella che è: intere comunità stanno scomparendo. Le pluriclassi, in cui bambini di età e livelli diversi condividono la stessa aula, sono ormai la normalità in molti comuni del Mezzogiorno. Non per scelta pedagogica, ma per necessità.
Questa è la punta dell’iceberg di un processo più ampio e strutturale: la desertificazione umana. Una spirale che si autoalimenta, dove l’assenza di infrastrutture, la mancanza di opportunità lavorative e servizi essenziali spinge i giovani ad andarsene, lasciando dietro di sé territori sempre più vuoti e privi di prospettive.
Mentre i social dei rappresentanti politici nazionali continuano a raccontare un Sud idilliaco, fatto di folklore e sorrisi elettorali, la realtà quotidiana di tanti comuni del Mezzogiorno è fatta di chiusure, spopolamento, isolamento.
Questa distanza tra racconto e realtà è ormai intollerabile. La politica nazionale, negli ultimi decenni, si è mostrata spesso sorda e complice, incapace di progettare soluzioni strutturali. Al Sud è stata offerta una sola via: quella dell’emigrazione.
Un’Italia a due velocità non è più sostenibile
Il divario Nord-Sud non è solo una questione economica, ma un problema democratico e costituzionale. L’articolo 3 della nostra Costituzione afferma che è compito della Repubblica “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.
Questo principio, oggi, è sistematicamente disatteso nelle aree interne del Sud Italia.
È proprio da questa consapevolezza che nasce il Movimento Equità Territoriale, con l’obiettivo di combattere le disuguaglianze strutturali che affliggono il Sud e riaffermare il diritto dei cittadini del Mezzogiorno ad avere le stesse opportunità di chi vive in altre zone del Paese.
Non si tratta di rivendicare privilegi o assistenzialismo: si tratta di pretendere l’applicazione della Costituzione, di battersi per un’Italia davvero unita, dove il luogo in cui nasci non determini le tue possibilità di crescita.
Ignorare il destino dei piccoli comuni, lasciarli morire lentamente, non significa solo abbandonare delle comunità: significa perdere cultura, identità, futuro. Il Sud non può più aspettare slogan, né promesse elettorali.
Serve una strategia seria, concreta, pluriennale, che punti su infrastrutture, istruzione, sanità, lavoro, mobilità. Perché senza persone, senza giovani, senza servizi, questi territori sono destinati a scomparire.
*Direttivo nazionale MET
Movimento Equità Territoriale
(6 settembre 2025)
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