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Ponte sullo Stretto: le doppie morali della Corte e della Politica

di Massimo Mastruzzo*

La decisione della Corte dei Conti di negare il visto di legittimità alla delibera sul Ponte sullo Stretto rappresenta l’ennesima dimostrazione di come in Italia esistano due pesi e due misure. Quando si tratta del Sud, ogni opera diventa un caso, ogni progetto una battaglia di carte bollate, ogni cantiere un capro espiatorio.

La Corte non dovrebbe pronunciarsi su convenienze economiche o scelte strategiche: il suo ruolo è verificare la legittimità degli atti, non sostituirsi al Governo nella valutazione dell’interesse nazionale.

Eppure, nel caso del Ponte, si è spinta oltre – è mia opinione – come se un’infrastruttura dovesse dimostrare di “rendere” allo Stato, come se un ospedale, una scuola o una ferrovia dovessero produrre profitti. Un’infrastruttura pubblica non serve a generare utili: serve a generare valore, occupazione, collegamenti, dignità territoriale. Il vero nodo è un altro: questo modo di pensare, ragionieristico e miope, ha condannato il Mezzogiorno a un immobilismo strutturale.

Non si costruisce il Ponte, così come la nuova SS 106, perché “i numeri non tornano”.

Ma i numeri non tornano proprio perché mancano le infrastrutture: e non si costruiscono le infrastrutture perché i numeri non tornano. Un circolo vizioso perfetto per chi vuole mantenere il Sud marginale e dipendente.

E intanto, nel Nord, tutto scorre.

A Genova si realizzano la Gronda, il Terzo Valico e la Diga Foranea con procedure accelerate. In Veneto si spende senza esitazioni per la Pedemontana. Per le Olimpiadi Milano-Cortina si invocano deroghe e urgenze, nel nome dell’interesse nazionale.

Ma quando il Sud chiede la stessa urgenza, improvvisamente la burocrazia riscopre lo zelo, le regole, i ricorsi, i dubbi ambientali.

Si costruisce prima e si discute dopo, ma solo al Nord.

È questa la vera doppia morale italiana: un Paese che parla di unità ma pratica la disuguaglianza. La Corte dei Conti non ha bocciato solo un progetto: ha bocciato l’idea stessa che il Sud abbia diritto a un futuro infrastrutturale pari al resto d’Italia.

Il Ponte sullo Stretto non è solo cemento e acciaio: è la visione di un Sud diverso dal ruolo di colonia interna che l’unità d’Italia gli ha assegnato. È una questione di equità territoriale, di giustizia economica e di dignità nazionale.

Come sostiene il Movimento Equità Territoriale, senza infrastrutture il Sud non potrà mai essere libero, competitivo e protagonista del proprio destino. È ora di dire basta alle doppie morali, alle scuse contabili e ai ritardi pilotati.

 

*Direttivo nazionale MET
Movimento Equità Territoriale

 

 

 

 

(1 novembre 2025)

©gaiaitalia.com 2025 – diritti riservati, riproduzione vietata

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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